
di Carlo Emilio Gadda
Interpretazione e regia di Massimo Verdastro
Drammaturgia di Massimo Verdastro e Luca Scarlini
Scene e costumi di Pier Paolo Bisleri
Luci di Cesare Accetta
Musiche a cura di Marco Ortolani
Produzione “Compagnia Diaghilev” e “Galleria Toledo”
in collaborazione con “Compagnia Massimo Verdastro”
Sabato 19 febbraio 2022 ore 21.00 e domenica 20 febbraio 2022 ore 17.00
Massimo Verdastro interpreta le pagine fiammeggianti di Carlo Emilio Gadda in cui il grande scrittore lombardo dà corpo alle sue rabbie più ingestibili, facendo i conti con l’ingombrante figura del Duce (articolato istericamente come “Ku-ce” dalle folle in delirio), di cui pure egli era stato plauditore. L’ambiente è quindi quello della Roma imperiale, distesa sepolcrale di marmi, di cui egli vuole descrivere la corruzione sempre più mortifera che ne trapela, con cortocircuiti visionari e violentissimi. Come ogni grande invettiva, anche questo testo nasce in primo luogo dalla necessità di mettere drasticamente in crisi la figura dello scrivente rispetto ai dati del reale, svelando un meccanismo di seduzione di cui è stato vittima. Il “bicchierante” che voleva fare figliare le donne per mandare i rampolli alla “guerra, guerra, guerra”, riuscì ad arrivare e a restare al potere grazie a un mix infernale di “patria, birri e femine”. E proprio come un politico Don Giovanni egli viene presentato, tra lampi neri di misoginia quasi isterica, che poi rientrano nei ranghi di una commedia di carattere. L’attualità di queste parole è assoluta: i metodi di vendita del consenso si sono affinati grazie al nuovo parco media, ma sono rimasti largamente identici e, senza forzare niente né alterare tono e misura, le frecce scritte a ridosso della Seconda Guerra Mondiale colpiscono anche i bersagli dell’oggi.
Massimo Verdastro, con la complicità della Compagnia Diaghilev e di Galleria Toledo, propone una nuova versione che si avvale delle preziose collaborazioni di Pier Paolo Bisleri per la creazione della scena e dei costumi e di Cesare Accetta per il progetto luci. Questa ennesima prova aggiunge quindi un’ulteriore testimonianza all’itinerario singolare di un performer che sceglie racconti abitati da molteplici identità, dando corpo a vari personaggi che sono sovente solo accennati come diversione da un itinerario principale e che pure animano decisamente un pensiero scenico in cui il confronto con le retoriche verbali è elemento centrale.
Nota del regista
“Qualche anno fa, mentre lavoravamo alla drammaturgia dello spettacolo Supereliogabbaret-bestiario romano, Luca Scarlini mi suggerì di leggere Eros e Priapo di Carlo Emilio Gadda. Subito mi colpì la lucida e spietata spirale linguistica e allo stesso tempo la caotica architettura di quel libro. Via via, durante la lettura, si aprivano – improvvise – pagine in cui la teatralissima scrittura produceva immagini così nitide e in successioni tanto dinamiche da sembrare un grande cinema verbale. Le donne, gli uomini le cose, i luoghi, si stagliavano prepotentemente da quella Storia che condusse per ventun’ anni “il tempo migliore di una generazione… a vecchiezza a traverso il silenzio”.
L’umanità ingannata, confusa e dolente, di cui Gadda stesso fa parte, viene osservata dallo scrittore con scientifica perizia e, potrei dire, morbosa dedizione, attraverso l’uso di una sorta di lente d’ingrandimento. Una lente che, per effetto dovuto, amplifica, deforma, annulla ed evidenzia le cose. Qui la parola, forse più che in altre opere gaddiane, esprime un sarcasmo, un risentimento, una rabbia, un dolore a momenti quasi insostenibili. Una parola che scaturisce da un vissuto drammatico, da una memoria storica che ci induce a riflettere, a capire, per non ricadere negli stessi errori-orrori del passato: “L’esperienza deve essere condotta a profitto, altrimenti si vagola, si vagola, bambocci sperduti verso il buio inane dell’eternità”. Eros e Priapo è stato definito trattato, libello psicoanalitico, arringa, memoriale; sappiamo soltanto che Gadda ci restituisce una parola viva, crudele, appassionata. Per questo ho voluto praticarla sulla scena, nel tentativo di incarnare non solo quella folgorante parola, ma anche il pensiero di un uomo che con lucida contraddizione partecipa e osserva la fragilità, il dolore, la bellezza e la stupidità di un’umanità, purtroppo, ancora oggi in bilico.” Massimo Verdastro
Massimo Verdastro
Attore e regista, ha alle spalle una lunga e intensa attività teatrale iniziata a Roma nel 1977 ed è riconosciuto tra i migliori attori teatrali in Italia. Particolarmente apprezzato è il suo impegno nella scoperta, interpretazione e direzione delle nuove drammaturgie. E’ stato interprete di numerosi spettacoli con le regie di Peter Stein, Luca Ronconi, Sylvano Bussotti, Michele Perriera, Silvio Benedetto, Mauro Avogadro, Andres Morte, Gianfranco Varetto, Roberto Andò, Giancarlo Nanni, Giancarlo Cauteruccio, Roberto Bacci, Federico Tiezzi. A Palermo si è diplomato alla Scuola di Teatro diretta da Michele Perriera nel primo biennio ‘79/80. E’ stato tra i soci fondatori della Cooperativa Teatès e ha recitato negli spettacoli con la regia di Perriera. Ha collaborato con Mimmo Cuticchio e Franco Scaldati. Dal 1984 al 1989 si stabilisce a Gubbio per dar vita al “Primo Laboratorio Teatrale” al quale partecipano numerosi giovani e successivamente fonda la Compagnia “Teatro Hotel Centrale” con la quale porta in scena testi di Wedekind, Beckett, Savinio e Tasso. Per l’interpretazione di “L’ultimo nastro di Krapp” di S. Beckett, per la regia di G. Cauteruccio viene segnalato dalla critica come uno dei migliori attori della stagione teatrale ’93-94. Dal 1995 collabora con la compagnia teatrale i “Magazzini”, oggi “Compagnia Lombardi-Tiezzi”, ed è interprete di numerosi spettacoli diretti da F. Tiezzi. Nel 2002 ottiene il premio UBU come migliore attore non protagonista per lo spettacolo “L’Ambleto” di Giovanni Testori (nel doppio ruolo di Arlungo e Polonio), con la regia di F. Tiezzi. Ottiene inoltre il Premio ETI Olimpici del Teatro 2007 come migliore attore non protagonista per il ruolo di ‘Upupa’ ne “Gli Uccelli” di Aristofane, ancora per la regia di Tiezzi. Ha collaborato ripetutamente con Lina Prosa e Nino Gennaro, gli autori siciliani di cui si è fatto promotore e interprete. Di Nino Gennaro, lo scrittore corleonese scomparso nel 1995, ha portato in scena gran parte della sua opera: La trilogia – “Una Divina di Palermo”, “La via del sexo”, “Rosso Liberty” – presentata nel 1998 al Festival di Santarcangelo; “Alla fine del Pianeta”, e “Teatro Madre” presentato nel 1999 ai Cantieri Culturali della Zisa di Palermo. A Firenze nel 1999 fonda, con la cantante Francesca Della Monica, la “Compagnia Verdastro della Monica” con cui realizza numerosi spettacoli ed eventi formativi. A partire dal 2011 inizia la collaborazione con il Teatro Vascello di Roma e TSI La Fabbrica dell’Attore con i quali cura la regia e l’ideazione dei seguenti spettacoli: “Satyricon – una visione contemporanea”, “Il Padiglione delle Meraviglie” di Ettore Petrolini. Recentemente ha realizzato con Francesca Benedetti lo spettacolo “Madame Céline o il ballo della malora” da Louis Ferdinand Célineche ha ricevuto il premio “Vittorio De Sica” per la migliore interpretazione femminile. Nel 2016 ha recitato nello spettacolo “Questa sera si recita a soggetto” di Pirandello, con la regia di Tiezzi al Piccolo Teatro di Milano.
Dall’ottobre del 2020, presso il Teatro Comunale “Luca Ronconi” di Gubbio, dirige i corsi di alta formazione per il progetto da lui ideato “Teatro dell’inclusione/Convivio didattico delle arti sceniche” e realizza lo spettacolo “Eugenia-Trittico della gente invisibile”, da un testo inedito di Franco Rossi, presentato recentemente al Teatro Romano di Gubbio.